Il mondo della luna, Venezia, Fenzo, 1750

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Notte con luna e cielo stellato. Terrazzo sopra la casa di Ecclitico con torre nel mezzo, o sia specula, ed un gran canocchiale su due cavalletti. Quattro fanali che illuminano il terrazzo.
 
 ECCLITICO e quattro scolari
 
 TUTTI
 
    O luna lucente,
 di Febo sorella,
 che candida e bella
 risplendi lassù,
 
5   deh fa’ che i nostr’occhi
 s’accostino ai tuoi
 e scopriti a noi
 che cosa sei tu.
 
 ECCLITICO
 Basta, basta, discepoli,
10alla triforme dea le voci giunsero;
 esauditi sarete in breve termine.
 Su via, tosto sugli omeri
 prendete l’arcimassimo
 mio canocchial novissimo.
15Drizzatel su la specula
 perpendicolarmente inver l’ecclitica.
 Vuo’ veder se avvicinasi
 de’ due pianeti il sinodo,
 id est quando la luna al sol congiungesi,
20che dal mondo volgare ecclissi appellasi.
 Andate, andate subito
 pria che Cintia ritorni al suo decubito.
 LI SCOLARI
 
    Prendiamo fratelli
 il gran telescopio
25o sia microscopio
 o sia canocchial.
 
    Vedrem della luna
 se il tondo sereno
 sia un mondo ripieno
30di gente mortal. (Prendono il canocchiale e lo portano dentro alla specula, vedendosi spuntar fuori della sommità della medesima)
 
 ECCLITICO
 Oh le gran belle cose
 che a intendere si danno
 a quei che poco sanno per natura!
 Oh che gran bel mestier ch’è l’impostura!
35Chi finge di saper accrescer l’oro,
 chi cavar un tesoro,
 chi dispensa segreti,
 chi parla dei pianeti,
 chi vende mercanzia
40di falsa ipocrisia,
 chi finge nome, titolo e figura,
 oh che gran bel mestier è l’impostura!
 Io fo la parte mia
 con finta astrologia,
45ingannando egualmente i sciocchi e i dotti,
 che un bravo cacciator trova i merlotti.
 Eccone uno; ecco quel buon cervello
 del signor Bonafede.
 Da lui che tutto crede,
50con una macchinetta,
 inventata dal mio sottile ingegno,
 far un colpo galante ora m’impegno.
 
 SCENA II
 
 BUONAFEDE e detto
 
 BUONAFEDE
 Si puol entrar?
 ECCLITICO
                               Sì, venga, mi fa grazia.
 BUONAFEDE
 Servo, signor Ecclitico;
55in che cosa si sta lei divertendo?
 ECCLITICO
 Nella speculazion di varie stelle
 stav’or considerando
 l’analogia che unisce
 alle fisse l’erranti,
60al capo di Medusa il Can celeste,
 al cuore del Leon la Spiga d’oro
 ed all’Orsa maggior l’occhio del Toro.
 BUONAFEDE
 Oh bellissime cose!
 Anch’io d’astrologia son dilettante
65ma quel che mi dà pena
 è il non saper trovar dottrina alcuna,
 chi mai sapia spiegar cos’è la luna.
 ECCLITICO
 La luna è un corpo diafano
 che dai raggi del sol è illuminato;
70ma in quel bel corpo luminoso e tondo
 che credete vi sia? V’è un altro mondo.
 BUONAFEDE
 Oh che cosa mi dite?
 Colà v’è un altro mondo?
 Ma cosa son quei segni
75che si vedon nel corpo della luna?
 So che un giorno mia nonna,
 la qual non era sciocca,
 mi disse ch’ella avea gli occhi e la bocca.
 ECCLITICO
 Scioccherie, scioccherie. Le macchie oscure
80son del mondo lunar colline e monti.
 Non già monti sassosi,
 come da noi veggiam, ma son formati
 d’una tenue materia,
 la qual s’arrende e cede
85alla pression del piede;
 indi s’alza bel bello e non si spacca,
 onde l’uomo camina e non si stracca.
 BUONAFEDE
 Oh che bel mondo! Ma ditemi, amico,
 come siete arrivato
90a scoprir cosa tale?
 ECCLITICO
 Ho fatto un canocchiale
 che arriva a penetrar cotanto in dentro
 che veder fa la superficie e il centro.
 Individua non solo
95i regni e le provincie
 ma le case, le piazze e le persone.
 Col mio canocchialone
 posso veder lassù per mio diletto
 spogliar le donne quando vanno a letto.
 BUONAFEDE
100Oh bellissima cosa!
 Ma dite, non potrei,
 caro Ecclitico mio,
 col vostro canocchial veder anch’io?
 ECCLITICO
 Perché no? Benché io sia
105solo inventor della mirabil arte,
 voglio che ancora voi ne siate a parte.
 BUONAFEDE
 Obbligato vi sono e vi sarò.
 Vederete per voi cosa farò.
 ECCLITICO
 Nella specula entrate,
110nel canocchial mirate.
 Cose belle vedrete,
 cose rare, per cui voi stupirete.
 BUONAFEDE
 Vado e provar io voglio
 se con quel canocchial sì lungo e tondo
115alla luna poss’io veder il fondo.
 Ma chi son quei signori
 che dove io deggio entrar vengono fuori?
 ECCLITICO
 Sono scolari miei,
 amanti della luna come lei.
 
 SCENA III
 
 Li scolari escono dalla specula e s’inchinano a BONAFEDE
 
 BUONAFEDE
120Servitor obbligato.
 QUATTRO SCOLARI
 
    Felice e fortunato
 chi è amico della luna,
 per voi sì gran fortuna
 il ciel risserberà.
 
 BUONAFEDE
 
125   Il cielo mi conceda
 sì gran felicità.
 
 QUATTRO SCOLARI
 
    La vostra bella mente,
 che più d’ogn’altra sa,
 la luna facilmente
130conoscere potrà. (Partono)
 
 BUONAFEDE
 
    Il cielo mi conceda
 sì gran felicità. (Entra nella specula)
 
 ECCLITICO
 
    (Farò che tutto creda
 la sua semplicità).
 
135Olà, Claudio, Pasquino, (Vengono due servi)
 la machina movete,
 fate ch’ella s’appressi al canocchiale,
 onde mirando in quella
 il signor Bonafede
140movere le figure ad una ad una
 creda mirar nel mondo della luna. (Partono i servi)
 Quanti sciocchi mortali
 con falsi canocchiali
 credono di veder la verità
145e non sanno scoprir le falsità.
 Quanti van scrutinando
 quello che gli altri fanno
 e sé stessi conoscere non sanno. (Si vede accostarsi alla cima del canocchiale una machina illuminata, dentro la quale si muovono alcune figure)
 Il signor Bonafede
150ora di veder crede
 le lunatiche donne sol lassù
 e lunatiche sono ancor quaggiù. (Buonafede esce dalla specula ridendo)
 BUONAFEDE
 Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E cosa mai?
 BUONAFEDE
 Ho veduto una cosa bella assai.
 
155   Ho veduto una ragazza
 far carezze ad un vecchietto.
 Oh che gusto, oh che diletto
 che quel vecchio proverà.
 
    Oh che mondo benedetto,
160oh che gran felicità! (Torna nella specula)
 
 ECCLITICO
 Se una ragazza fa carezze a un vecchio
 non la sprona l’amor ma l’interesse.
 Lo vezzeggia, lo adora
 ma che creppi il meschin non vede l’ora. (Buonafede esce dalla specula)
 BUONAFEDE
165Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E che, signore?
 BUONAFEDE
 Una cosa per cui rido di cuore.
 
    Ho veduto un buon marito
 bastonar la propria moglie,
 per corregere il prorito
170d’una certa infedeltà.
 
    Oh che mondo ben compito,
 oh che gusto che mi dà. (Torna nella specula)
 
 ECCLITICO
 Volesse il ciel che quanto
 fintamente ha mirato
175fosse nel nostro mondo praticato.
 Se gli uomini di garbo
 alle cattive mogli
 desser di bastonate un precipizio,
 avrebbero le donne più giudizio. (Buonafede torna uscir dalla specula)
 BUONAFEDE
180Oh questa assai mi piace!
 ECCLITICO
                                                  Che vuol dire?
 BUONAFEDE
 Ho veduto il contrario
 di quello che fra noi si suol usare
 da un uomo e da una donna praticare.
 
    Ho veduto dall’amante
185per il naso esser menata
 certa donna innamorata
 che chiedeva invan pietà.
 
    Oh che usanza prelibata!
 Oh si usasse ancora qua!
 
 ECCLITICO
190E qui ancor si useria,
 se gl’uomin non patisser la pazzia.
 BUONAFEDE
 Caro signor Ecclitico,
 ho veduto gran cose;
 e per farvi veder che son contento
195questa borsa tenete.
 ECCLITICO
                                        Oh meraviglio!
 BUONAFEDE
 Eh prendetela, via, che io così vuo’.
 ECCLITICO
 Se volete così, la prenderò.
 BUONAFEDE
 Diman ritornerò.
 ECCLITICO
                                   Siete padrone.
 BUONAFEDE
 Certo, quel canocchiale è assai ben fatto.
200Tutto, tutto si vede. Ho un gusto matto.
 
    La ragazza col vecchione,
 uh carina, bel piacere!
 Il marito col bastone,
 bravo, bravo, oh bel vedere!
205Una donna per il naso,
 che bel colpo! Che bel caso!
 Oh che mondo benedetto!
 Oh che gran felicità!
 
    Che piacere, che diletto,
210o che gusto che mi dà. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ECCLITICO, poi ERNESTO e CECCO
 
 ECCLITICO
 Io la caccia non fo alle sue monete;
 ma vorrei, se potessi,
 la sua figlia Clarice,
 custodita con tanta gelosia,
215torla dalle sue mani e farla mia.
 ERNESTO
 Amico, vi son schiavo.
 ECCLITICO
 Servo, signor Ernesto.
 CECCO
                                           Riverisco
 il signor segretario della luna.
 ECCLITICO
 Sei pazzo e tal morrai.
 ERNESTO
                                           Veduto uscire
220ho dalla vostra casa
 il signor Buonafede. È vostro amico?
 ECCLITICO
 Amico ed amicone
 della mia strepitosa professione.
 ERNESTO
 Egli ha una bella figlia.
 ECCLITICO
                                             Anzi n’ha due.
 CECCO
225Anzi rassembra a me
 che colla cameriera n’abbia tre.
 ERNESTO
 Son di Flaminia amante.
 ECCLITICO
 Ed io Clarice adoro.
 CECCO
 Per Lisetta ancor io spasimo e moro.
 ERNESTO
230L’ho chiesta a Bonafede
 ed ei me l’ha negata.
 ECCLITICO
 Spera di maritar le proprie figlie
 con prencipi d’altezza.
 CECCO
                                           E così spera
 a un conte maritar la cameriera.
 ECCLITICO
235Corrisponde Flaminia all’amor vostro?
 ERNESTO
 Mi ama con tutto il cor.
 CECCO
                                             La mia Lisetta
 per le bellezze mie par impazzita.
 ECCLITICO
 E Clarice è di me pur invaghita.
 Ditemi, vogliam noi
240rapirle a questo pazzo?
 ERNESTO
                                             Il ciel volesse!
 ECCLITICO
 Secondatemi dunque e non temete.
 CECCO
 Un ottimo mezzan so che voi siete.
 ECCLITICO
 Di denar come state?
 ERNESTO
                                          Quando occorra,
 io vuoterò l’erario.
 CECCO
245Io sacrificherò tutto il salario.
 ECCLITICO
 Andiamo; ho un machinista
 che prodigi sa far. Con il mio ingegno
 oggi di far m’impegno
 che il signor Buonafede, o sia baggiano,
250le tre donne ci dia colla sua mano.
 CECCO
 Oh bravo!
 ERNESTO
                      E come mai?
 ECCLITICO
                                                Tutto saprete.
 Preparate monete,
 preparate di far quel che dirò
 e la parola mia vi manterrò.
 
255   Un poco di denaro
 e un poco di giudizio
 vi vuol per quel servizio;
 voi m’intendete già.
 
    Contento voi sarete
260ma prima riflettete
 che il stolido e l’avaro
 mai nulla ottenirà.
 
 SCENA V
 
 ERNESTO e CECCO
 
 CECCO
 Costui dovrebbe al certo
 esser ricco sfondato.
 ERNESTO
                                        E a che motivo?
 CECCO
265Perché a far il mezzano
 egli non ha difficoltade alcuna.
 Ed è questo un mestier che fa fortuna.
 ERNESTO
 Tu dici male; Ecclitico è sagace
 e se in ciò noi compiace
270il fa perché Clarice ei spera e l’ama.
 CECCO
 Ho inteso, ho inteso. Ei brama
 render contenti i desideri suoi
 e vuol far il piacer pagar a noi.
 ERNESTO
 Orsù, taci e ramenta
275chi son io, chi sei tu.
 CECCO
 Per cent’anni, padron, non parlo più.
 ERNESTO
 Vado in questo momento
 denaro a proveder. Tu va’, m’attendi
 d’Ecclitico all’albergo, ove domani,
280mercé il di lui talento,
 spero che l’amor mio sarà contento.
 
    Begl’occhi vezzosi
 dell’idolo amato
 brillate amorosi,
285sperate che il fato
 cangiar si dovrà.
 
    Bei labri ridenti
 del viso che adoro,
 sarete contenti
290che il nostro ristoro
 lontan non sarà.
 
 SCENA VI
 
 CECCO solo
 
 CECCO
 Qualche volta il padron mi fa da ridere.
 Ei segue il mondo stolido;
 cambia alle cose il termine
295e il nome cambia ben e spesso agli uomini.
 Per esempio a un ippocrita
 si dice uom divotissimo;
 all’avaro si dice un bravo economo
 e generoso vien chiamato il prodigo.
300Così appella talun bella la femina,
 perché sul volto suo la biacca semina.
 
    Mi fanno ridere
 quelli che credono
 che quel che vedono
305sia verità.
 
    Non sanno i semplici
 che tutti fingono,
 che il vero tingono
 di falsità.
 
 SCENA VII
 
 Camera in casa di Bonafede con loggia aperta, tavolino con lumi e sedie.
 
 FLAMINIA e CLARICE
 
 CLARICE
310Eh venite, germana,
 andiam su quella loggia
 a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
 Se il genitore austero
 ci ritrova colà, misere noi.
 CLARICE
315Che badi a’ fatti suoi.
 Ci vuol tener rinchiuse
 e dall’aria difese,
 come fossimo noi tele di ragno?
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
320al nostro genitor convien soffrire.
 CLARICE
 Ma io per vero dire,
 stanca di questa soggezion noiosa,
 non veggo l’ora d’essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose
325avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem soggete più che mai.
 CLARICE
 Eh sorella, i mariti
 non son più tanto austeri.
 Aman la libertade al par di noi
330ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi, se ci toccasse in sorte
 un marito alla moda. Ah sventurate,
 se un geloso ci tocca!
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch’io lo guarirei
335o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò.
 Ma il segreto io so
 con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
340Se l’accordasse il padre,
 spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
 Lo spererei anch’io
 con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell’Ecclitico vostro
345è un uom ch’altro non pensa
 che a contemplar or l’una, or l’altra stella.
 CLARICE
 Questo è quello, sorella,
 che in lui mi piace più.
 Finché ei pensa alla luna ovvero al sole,
350la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitor, io temo,
 non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
 un ottimo espediente.
 Maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
355Ciò so che non conviene a onesta figlia
 ma se amor mi consiglia,
 e il padre a me si oppone,
 io temo che all’amor ceda ragione.
 
    Ragion nell’alma siede
360regina dei pensieri
 ma si disarma e cede,
 se la combatte amor.
 
    E amor se occupa il trono
 di re si fa tiranno
365e sia tributo o dono,
 vuol tutto il nostro cor.
 
 SCENA VIII
 
 CLARICE, poi BONAFEDE
 
 BUONAFEDE
 Brava, signora figlia,
 v’ho detto tante volte
 che non uscite dalla vostra stanza.
 CLARICE
370Ed io tant’altre volte
 mi sono dichiarata
 che non posso soffrir di star serrata.
 BUONAFEDE
 E ben bene, fraschetta,
 so io quel che farò.
 CLARICE
                                     Sì, castigatemi;
375cacciatemi di casa e maritatemi.
 BUONAFEDE
 Se io ti maritassi,
 non castigarei te ma tuo marito.
 Né castigo maggior dar gli potrei,
 quanto una donna pazza qual tu sei.
 CLARICE
380Io pazza? V’ingannate.
 Pazza sarei qualora
 mi lasciassi un po’ troppo intimorire
 e avessi per rispetto a intisicchire.
 
    Son fanciulla da marito
385e lo voglio, già il sapete,
 e se voi no mel darete,
 da me stessa il prenderò.
 
    Ritrovatemi un partito
 che sia proprio al genio mio
390o lasciate, farò io;
 se lo cerco il troverò.
 
 SCENA IX
 
 BUONAFEDE, poi LISETTA
 
 BUONAFEDE
 Se mandarla potessi
 nel mondo della luna, avrei speranza
 castigata veder la sua baldanza.
 LISETTA
395Serva, signor padrone.
 BUONAFEDE
                                            Addio, Lisetta.
 LISETTA
 Vuol cenare?
 BUONAFEDE
                           È anco presto, aspetta un poco.
 LISETTA
 Ho posta già la panatella al foco.
 BUONAFEDE
 Brava, brava. Lisetta, oh se sapessi
 le belle cose che ho vedute!
 LISETTA
                                                    E cosa
400ha veduto di bello?
 BUONAFEDE
 Ho avuta la fortuna
 di mirar dentro al tondo della luna.
 LISETTA
 (Ecco la sua pazzia).
 BUONAFEDE
                                        Senti, può darsi...
 Sai che ti voglio ben. Può darsi ancora,
405se tu mi sei fedel, se non ricusi
 di darmi un po’ d’aiuto,
 ch’io ti faccia veder quel che ho veduto.
 LISETTA
 Sapete pur ch’io sono
 vostra serva fedele e se mi lice
410vostra tenera amante
 (invaghita però sol del contante).
 BUONAFEDE
 Quand’è così, mia cara,
 della ventura mia ti voglio a parte.
 Vedrai d’un uomo l’arte
415quanto può, quanto vale;
 le prodezze vedrai d’un canocchiale.
 LISETTA
 Vorrei che un canocchial si desse al mondo
 con cui vedeste il fondo
 del mio povero cor che sol per voi
420arde d’amore e fede.
 (Egli è pazzo da ver, se me lo crede).
 BUONAFEDE
 Per rimirar là dentro
 in quel tuo cor sincero
 serve di canocchial il mio pensiero.
425Vedo che mi vuoi bene,
 vedo che tu sei mia.
 LISETTA
 (Ma non vede che questa è una pazzia).
 BUONAFEDE
 Doman ti vuo’ menar dal bravo astrologo,
 vedrai quel che si pratica lassù
430dalle donne da ben, come sei tu.
 LISETTA
 
    Una donna come me
 non vi fu né vi sarà.
 Io son tutt’amor e fé,
 io son tutta carità.
435Domandate a chi lo sa,
 sì ch’è vero ognun dirà.
 
    Io malizia in sen non ho;
 sono stata ognor così;
 poche volte dico no;
440quando posso, dico sì.
 Ma lo dico, già si sa,
 salva sempre l’onestà.
 
 SCENA X
 
 BONAFEDE, poi ECCLITICO
 
 BUONAFEDE
 È poi la mia Lisetta
 una bona ragazza.
445Non è di quelle serve impertinenti
 che quando hanno la grazia del padrone
 vogliono in casa far le braghessone.
 ECCLITICO
 Ehi, signor Bonafede, (Di dentro)
 si puol entrar?
 BUONAFEDE
                              Oh cappari, chi è qui?
450Venite, signorsì;
 cos’è sta novità?
 Qualche cosa di grande vi sarà.
 ECCLITICO
 Compatite s’io vengo
 in quest’ora importuna a disturbarvi.
455Un segno d’amicizia io vengo a darvi.
 BUONAFEDE
 Oh che buona ventura a me vi guida?
 ECCLITICO
 V’è nissun che ci ascolti?
 BUONAFEDE
                                                No, siam soli.
 Parlate pur con libertà.
 ECCLITICO
                                             Voi siete
 l’unico galantuom ch’io stimo ed amo.
460Onde vi vengo a usar per puro affetto
 un atto d’amicizia e di rispetto.
 BUONAFEDE
 Obbligato vi son. Ma che intendete
 voler dire con ciò?
 ECCLITICO
                                    Vengo da voi
 per sempre a licenziarmi.
 BUONAFEDE
                                                  Oh dei! Per sempre?
465Ditemi cosa fu.
 ECCLITICO
 Amico, addio. Non ci vedrem mai più.
 BUONAFEDE
 Voi mi fate morir. Ma perché mai?
 ECCLITICO
 Tutto confido a voi. Sapiate, amico,
 che il grand’imperatore
470del bel mondo lunar con lui mi vuole.
 Io fra pochi momenti
 sarò insensibilmente
 trasportato lassù per mio destino
 e sarò della luna cittadino.
 BUONAFEDE
475Come! È vero? Oh gran caso! Oh me infelice,
 se resto senza voi! Ma in qual maniera
 la voce di lassù poté arrivare?
 ECCLITICO
 Là nel mondo lunare
 un astrologo v’è come son io
480che ha fatto un canocchial simile al mio.
 Congiunti nella cima i canocchiali
 e levato il cristallo, o sia la lente,
 facilissimamente
 sento quel che si dice in l’altro mondo
485e col metodo stesso anch’io rispondo.
 BUONAFEDE
 Oh prodigio! Oh prodigio! Ed in che modo
 sperate andar tant’alto?
 Dalla terra alla luna vi è un gran salto.
 ECCLITICO
 Tutto vuo’ confidarvi.
490Dal canocchiale istesso
 il grande imperatore
 mi ha fatto schizzettar certo licore
 che quando il beverò
 leggiermente alla luna io volerò.
 BUONAFEDE
495Amico, ah se voleste
 aiutar mi potreste.
 ECCLITICO
                                     E come mai?
 BUONAFEDE
 Schizzettatemi un po’ di quel licore
 che v’ha mandato il vostro imperatore.
 ECCLITICO
 (Eccolo nella rete).
 BUONAFEDE
                                     E poi anch’io
500verrò lassù con voi.
 ECCLITICO
                                      Ma non vorrei
 che se n’avesse a mal sua maestà.
 BUONAFEDE
 È un signor di buon cor, non parlerà.
 ECCLITICO
 Orsù mi siete amico,
 vi voglio soddisfar. Quest’è il licore.
505Giacché non v’è nessuno,
 vuo’ che se lo beviam metà per uno.
 BUONAFEDE
 E poi come faremo?
 ECCLITICO
 E poi si sentiremo
 sottilizzar le membra in forma tale
510che andremo in su, come se avessim l’ale.
 BUONAFEDE
 Beverei ma non so...
 Sono fra il sì ed il no.
 ECCLITICO
 Compiacervi credevo;
 se pentito già siete, io solo bevo. (Finge di bevere)
 BUONAFEDE
515Non lo bevete tutto
 per carità.
 ECCLITICO
                      Tenetemi, che ormai
 mi sembra di volare. Oh me felice!
 Oh singolar fortuna!
 Or or sarò nel mondo della luna. (Straluna gli occhi)
 BUONAFEDE
520Cos’avete negli occhi?
 Parete ispiritato.
 ECCLITICO
 Dallo spirito lunar son invasato.
 Addio. Vado.
 BUONAFEDE
                           Fermate.
 Voglio venir anch’io.
 ECCLITICO
                                        Ecco, tenete
525il resto del licor dunque e bevete.
 BUONAFEDE
 Ma le figliole mie? Ma la mia serva?
 ECCLITICO
 Quando sarete là
 grazia per esse ancor s’impetrerà.
 Vado, vado.
 BUONAFEDE
                         Son qui. Bevo, aspettate. (Beve)
 ECCLITICO
530(Bevi, buon pro ti faccia.
 Io bevuto non ho. Fra pochi instanti
 dal sonnifero oppresso e addormentato,
 crederà nella luna esser portato).
 BUONAFEDE
 Ecco bevuto ho anch’io.
535Mondo, mondaccio rio,
 per sempre t’abbandono.
 Uomo sopralunar fatto già sono.
 Ohimè sento un gran foco.
 ECCLITICO
 Soffrite. A poco a poco
540tramutar sentirete
 tutte le vostre membra e goderete.
 BUONAFEDE
 Par che mi venga sonno.
 ECCLITICO
                                               Ecco l’affetto
 che fa il licor perfetto.
 BUONAFEDE
 Non posso star in piedi.
 ECCLITICO
                                              Accomodatevi. (Lo fa sedere)
545State pronto a salire e consolatevi.
 BUONAFEDE
 Mi sembra di volar.
 ECCLITICO
                                       Lo credo anch’io.
 BUONAFEDE
 Caro Ecclitico mio,
 ditemi dove sono. In terra o in aria.
 ECCLITICO
 Vi andate a poco a poco sollevando.
 BUONAFEDE
550Mi vo sottilizzando.
 Ma come uscir potrem... da questa stanza?
 ECCLITICO
 Abbiamo in vicinanza
 un ampio fenestrone.
 BUONAFEDE
 Vado, vado senz’altro.
 ECCLITICO
                                          (Oh che babbione!)
 BUONAFEDE
 
555   Vado, vado, volo, volo.
 
 ECCLITICO
 
 Bravo, bravo, mi consolo.
 
 BUONAFEDE
 
 Dove siete?
 
 ECCLITICO
 
                         Volo anch’io.
 
 BUONAFEDE, ECCLITICO A DUE
 
 Addio mondo, mondo addio. (Escono Clarice e Lisetta)
 
 CLARICE
 
 Caro padre, cosa c’è?
 
 LISETTA
 
560Padron mio, che cos’è?
 
 BUONAFEDE
 
    Vado, vado, volo, volo.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Dove, dove.
 
 ECCLITICO
 
                         Oh che fortuna!
 
 BUONAFEDE
 
 Vo nel mondo della luna.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 More, more, ohimè che more!
 
 BUONAFEDE
 
565Oh che gusto, oh che diletto!
 
 ECCLITICO
 
 Viva, viva, oh che fortuna!
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 More, more.
 
 BUONAFEDE
 
                          Cara luna,
 vengo, vengo, vengo a te. (S’adormenta)
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
    More, more, presto, presto.
570Qualche spirto troverò.
 Presto, presto tornerò. (Partono)
 
 ECCLITICO
 
    Il bon sonnifero
 gli offusca il cerebro.
 Portar dagli uomini
575via lo farò.
 
    Fabrizio, Prospero, (Vengono due servi)
 su via prendetelo
 e là portatelo
 nel mio giardin. (Portano via Buonafede)
 
580   Le donne tornano
 e si disperano,
 perché già credono
 morto il meschin. (Tornano Clarice e Lisetta)
 
 CLARICE
 
    Povero padre, ahi che morì.
 
 LISETTA
 
585Ahi, che di vivere tosto finì.
 
 ECCLITICO
 
 No, non piangete, non è così.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Ahi, che di vivere tosto finì.
 Ahi, che tormento, ahi che morì!
 
 ECCLITICO
 
 Fe’ testamento, eccolo qui.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
590Ahi, che tormento, ahi che morì!
 
 ECCLITICO
 
    «Lascio a Clarice seimille scudi,
 se di sposarsi risolverà».
 
 CLARICE
 
 Era mortale, questo si sa.
 
 ECCLITICO
 
    «Lascio a Lisetta cento ducati,
595quando il marito ritroverà».
 
 LISETTA
 
 Era assai vecchio, questo si sa.
 
 ECCLITICO
 
    Povero vecchio, più nol vedrete!
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Ahi che tormento che voi mi date.
 Pronta è la dote, se la volete.
600Mi fate ridere; mi consolate.
 Viva chi vive.
 
 A TRE
 
                            Chi è morto è morto.
 Dolce conforto la dote sarà.
 
 Fine dell’atto primo
 
    Segue il ballo, nel quale si rappresenta Il mondo della luna in un globo trasparente, con l’astrologo ed il credulo che fanno le loro osservazioni, derisi dalle donne che attendono l’effetto dell’impostura. S’apre il globo ed escono da quello due uomini e due donne lunari che si figurano esser quelli veduti già da Buonafede con canocchiale e descritti nelle sue canzonette, dopo di che s’uniscono ed intrecciano le loro danze.